Analizzando un codice CER la prima cosa che salta all’occhio è la sua composizione, infatti è composto da 3 coppie di numeri che vanno rispettivamente ad indicare il settore industriale da cui deriva il rifiuto, la specifica lavorazione all’interno di quel settore industriale e l’individuazione delle sostanze contenute nel rifiuto.
Come indicato dal DL 91/2014 convertito poi nella legge 116/2014 la responsabilità dell’attribuzione del codice CER del rifiuto è del produttore dello stesso che deve registrare in un apposito documento le informazioni che servono per determinare il codice CER e capire se il rifiuto è o non è pericoloso.
La procedura precisa e articolata che aiuta ad assegnare correttamente i codici CER ai rifiuti è individuata nell’Allegato D del D.Lgs. 152/2006. Essa deve essere sempre applicata con molta attenzione, rispettando la sequenza operativa prevista. In linea generale, per codificare un rifiuto si devono rispettare determinati criteri in un ordine preciso:
- Determinare da quale processo produttivo è stato originato il rifiuto, questo andrà ad indicare la classe (es:120102);
- Individuare la precisa fase dell’attività produttiva che dà origine al rifiuto, questa indicherà la sottoclasse (es:120102)
- Individuare la specifica descrizione del rifiuto, “caratterizzazione del rifiuto”, andando così ad indicare nel codice CER la categoria (es:120102)
Esempio di codice CER: 120102
12 rifiuti prodotti dalla sagomatura e dal trattamento fisico e meccanico superficiale di metalli e plastiche.
01 rifiuti prodotti dalla lavorazione e dal trattamento fisico e meccanico superficiale di metalli e plastiche.
02 polveri e particolato di materiali ferrosi